A cura di Delia Avenia

Gli stili di vita moderni mettono a dura prova l’organismo: stress, dieta sregolata e sedentarietà sono i principali responsabili delle cosiddette “malattie del benessere”. Tra queste spicca particolarmente il diabete, una malattia subdola dai mille volti che porta ad una serie di conseguenze devastanti per chi ne è affetto.

Il diabete è una malattia endocrino-metabolica multifattoriale che si presenta in vari modi, ma due tipi sono i più diffusi: il cosiddetto “diabete senile”, il tipo 2 che, nonostante il nome, ultimamente sembra colpire anche i bambini e soggetti di età inferiore ai 40 anni a causa di stili di vita errati che mettono a dura prova l’organismo, e il tipo 1 o comunemente conosciuto come “diabete giovanile”, anche se si è visto che può interessare anche soggetti di tutte le età.

Si ipotizza che il diabete di tipo 1, così come le sue varianti[1], sia il risultato di un’interazione tra geni predisponenti (il gene PTPN22 è quello coinvolto nella risposta autoimmune finale), fattori ambientali tra cui infezioni virali[2], cambiamenti nell’alimentazione, anche fattori psicosociali, ma le vere e proprie cause del diabete di tipo 1 sono ancora ignote. Tuttavia, ci sono dei sintomi che accomunano questo tipo al più diffuso diabete mellito di tipo 2, ossia il circolo vizioso “poliuria-polidipsia-polifagia” e le conseguenze sono praticamente uguali perché entrambi i tipi portano, a lungo andare, a problemi cardiovascolari abbastanza importanti: nefropatia, glaucoma, retinopatia, neuropatia periferica, coronaropatie e la lista continua.

Ma ciò che conta e che risulta rilevante per la diagnosi di diabete mellito di tipo 1 è la presenza, nel siero del paziente, di autoanticorpi, risultanti da una vera e propria reazione autoimmune che porta, in ultima analisi, alla distruzione delle cellule pancreatiche produttrici di insulina, determinando l’assenza di quest’ormone. Perciò, il soggetto affetto da tale malattia dovrà perennemente seguire una terapia ormonale sostitutiva a base di insulina.

Va però detto che la terapia farmacologica sostitutiva è comunque soggetta a variazioni nel corso del tempo (ovviamente le variazioni dipendono fortemente dall’evolversi della patologia stessa e da come viene tenuta sotto controllo) e, come per ogni farmaco somministrato regolarmente, dopotutto, non è da escludere che l’organismo sviluppi una certa tolleranza, con il risultato che si debba necessariamente aumentare la dose, rischiando importanti effetti collaterali.

Per tale motivo, la ricerca scientifica prova a fornire delle valide alternative, anche naturali, che potrebbero rappresentare una buona soluzione al problema o, almeno, un supporto nella terapia farmacologica.

A titolo di esempio, uno studio del 2024[3] ha messo in luce come un integratore a base di probiotici, prebiotici, magnesio ed estratti di Crocus Sativus (il comunissimo zafferano), confrontato con un placebo a base solo di magnesio, probiotici e prebiotici (entrambi somministrati per 6 mesi), influisse positivamente sulla glicemia, ma anche stress ossidativo, livelli di trigliceridi e, conseguentemente, pressione arteriosa e livelli di emoglobina glicata. Il risultato ottenuto è stato associato agli estratti di zafferano in sinergia con gli altri costituenti del preparato e si può affermare, quindi, che non sarebbe sbagliato pensare di inserire lo zafferano in un piano terapeutico per chi è affetto da T1DM, in quanto può rappresentare un valido supporto alla terapia insulinica, proprio come accadrebbe se si impiegassero altre piante con effetti ipoglicemizzanti (ad esempio Trigonella foenum-graecum L., Gymnema Sylverstre o Galega Officinalis). Queste sono solo alcune di quelle che si conoscono con effetti positivi sulla glicemia e, sebbene siano associate comunemente al trattamento del diabete senile, vanno comunque più che bene anche per il diabete di tipo 1, in associazione alla terapia farmacologica standard per questa patologia.

La ricerca fornisce anche importanti spunti su come “aggirare” il problema: infatti, da alcuni studi, sembrerebbe possibile ritardare la comparsa e, addirittura, modulare l’attacco autoimmune contro il pancreas, a prescindere dalla forma di T1DM che il paziente presenti.

A tal proposito, una review del 2018[4] riporta i risultati circa l’effetto di diversi nutrienti e molecole, mettendo in luce che diverse ricerche avrebbero rilevato che i soggetti diabetici presenterebbero bassi livelli di vitamina E, fondamentale per il contrasto allo stress ossidativo, molto forte nell’attacco autoimmune ai danni della ghiandola pancreatica. Quindi, un’oculata supplementazione di tocoferolo. o semplicemente un aumento del consumo di alimenti contenenti tale vitamina (quali olii vegetali o frutta secca), potrebbe aiutare nella prevenzione o anche nel trattamento della patologia, specialmente nella modulazione dello stress ossidativo a livello pancreatico.

Sorprendentemente, perfino il vanadio potrebbe rappresentare un rimedio per la glicemia troppo elevata, migliorando il trasporto del glucosio nelle cellule e sembrerebbe che migliori anche i livelli di emoglobina glicata e di colesterolo. Ovviamente, nella review vengono indicati, oltre a questi esempi, anche altri nutraceutici, minerali, vitamine e varie altre molecole, che offrono buoni risultati nella gestione del diabete, specie di tipo 1.

Sempre in merito alla prevenzione del diabete di tipo 1, uno studio del 2018[5] evidenzia l’utilità di ulteriori nutrienti, come la vitamina B3 o la vitamina F (gli omega-3, praticamente). Nel primo caso, pare che un plausibile meccanismo della niacina consista nella protezione delle beta cellule dal danno immunitario prevenendo una deplezione di NAD[6] e, al tempo stesso, stimolando la funzionalità del pancreas a produrre insulina. Nel secondo caso, invece, gli omega-3 sembrerebbero essere stati associati ad un rischio ridotto di reazioni autoimmuni a carico delle cellule beta, ma anche un fondamentale contributo al controllo della neuropatia diabetica. Ancora una volta, gli alimenti tornano ad essere una grande risorsa per la gestione, ma ancora meglio, per la prevenzione di una patologia del calibro del diabete.

Ancor più importante è quel ramo della ricerca scientifica concentrata sui rimedi per contrastare le complicanze macro e microangiopatiche e, infatti, da una review del 2024[7] si evince che diverse classi di nutraceutici sono ottimali sia nel trattamento del diabete che nella prevenzione di tali complicanze. Tra questi sono annoverati la vitamina D, la L-carnitina, i polifenoli, i carotenoidi, le fibre e anche probiotici, prebiotici, simbiotici e postbiotici[8]. In particolar modo, in merito agli effetti sul diabete mellito di tipo 1, i carotenoidi avrebbero dimostrato un miglioramento della sensibilità insulinica, una buona attività antiossidante ed effetti angioprotettori, tra i vari osservati. Ma ancor più particolare è come i probiotici tornino ancora una volta alla ribalta per le loro capacità protettive nei confronti del diabete e sembrerebbe che, da quanto affermato, specifici ceppi di probiotici (come lo Streptococcus thermophilus e il Lactobacillus bulgaricus, gli stessi che si trovano nello yogurt) abbiano capacità antidiabetiche per i loro effetti ipoglicemizzanti.

In conclusione, è chiaro che l’unico modo per contrastare l’insorgenza del diabete, così come ogni altra malattia del benessere, sia seguire uno stile di vita sano che preveda, innanzitutto, un’alimentazione quanto più semplice possibile, quindi con un giusto equilibrio tra alimenti vegetali e alimenti animali, preferendo di più alimenti vegetali per il loro contenuto in fibre (sia solubili che non), sali minerali, vitamine, antiossidanti e composti bioattivi, evitando quanto più possibile i cibi ricchi di sale, conservanti, coloranti, grassi saturi, insomma molto processati, e ovviamente una buona dose di attività fisica per bilanciare le calorie e per mantenere un adeguato stato di salute che permanga il più a lungo possibile.

 

 

BIBLIOGRAFIA

Giannoulaki, P.; Kotzakioulafi, E.; Nakas, A.; Kontoninas, Z.; Karlafti, E.; Evripidou, P.; Kantartzis, K.; Savopoulos, C.; Chourdakis, M.; Didangelos, T., Effect of Crocus sativus Extract Supplementation in the Metabolic Control of People with Diabetes Mellitus Type 1: A Double-Blind Randomized Placebo-Controlled Trial, in Nutrients 2024, 16, 2089. https://doi.org/10.3390/nu16132089

Nimesh S, Ashwlayan VD., Nutraceuticals in the management of diabetes mellitus, in Pharm Pharmacol Int J. 2018

Yeung S. et al., Nutritional supplement for the prevention of diabetes mellitus and its complications, in Journal of nutrition & intermediary metabolism 14, 2018

Mabena, P.; Fasemore, T.M.D.; Nkomozepi, P., Impact of Nutraceuticals on Type 1 and Type 2 Diabetes Mellitus-Induced Micro- and Macrovasculopathies. in Appl. Sci. 2024, 14, 64. https://doi.org/10.3390/ app14010064

 


 

[1] Esistono, infatti, due forme di T1DM: un diabete idiopatico, senza evidenti prove di reazione autoimmune nell’organismo del paziente, ma con chetoacidosi e insulinopenia, e un diabete immuno-mediato, il tipo forse più comune, caratterizzato da una insuilte autoimmune.

[2] Sembrerebbe che sia stata ipotizzata una correlazione tra enterovirus, virus Coxackie B4 e comparsa di diabete autoimmune, ma questo è stato dimostrato solo per modelli animali. Nell’essere umano, invece, non si è ancora stabilito il nesso tra infezione virale e perdita di beta cellule.

[3] Giannoulaki, P.; Kotzakioulafi, E.; Nakas, A.; Kontoninas, Z.; Karlafti, E.; Evripidou, P.; Kantartzis, K.; Savopoulos, C.; Chourdakis, M.; Didangelos, T., Effect of Crocus sativus Extract Supplementation in the Metabolic Control of People with Diabetes Mellitus Type 1: A Double-Blind Randomized Placebo-Controlled Trial, in Nutrients 2024, 16, 2089. https://doi.org/10.3390/nu16132089

[4] Nimesh S, Ashwlayan VD., Nutraceuticals in the management of diabetes mellitus, in Pharm Pharmacol Int J. 2018;6(2):114‒120. DOI: 10.15406/ppij.2018.06.00166

[5] Yeung S. et al., Nutritional supplement for the prevention of diabetes mellitus and its complications, in Journal of nutrition & intermediary metabolism 14, 2018, 16-21

[6] La nicotinamide dinucleotide, coenzima di trasporto essenziale per i vari processi metabolici della cellula.

[7] Mabena, P.; Fasemore, T.M.D.; Nkomozepi, P., Impact of Nutraceuticals on Type 1 and Type 2 Diabetes Mellitus-Induced Micro- and Macrovasculopathies. in Appl. Sci. 2024, 14, 64. https://doi.org/10.3390/ app14010064

[8] Si tratta di metaboliti o elementi secreti da batteri vivi nel colon, oppure rilasciati dopo lisi batterica nell’intestino, o ancora dei frammenti di microrganismi. Non richiedono la presenza di batteri vivi per funzionare.