Le carni lavorate sono sostanze cancerogene, facciamo chiarezza sulla decisione dell’Oms

Approfondimento a cura di:

Dr. Roberto Iudicissa

Direttore Sanitario Centro Chirurgico San Paolo

Le carni lavorate come i wurstel “sono cancerogene”, e vanno inserite nella lista delle sostanze a pericolosità più alta che causano il cancro, come il fumo e il benzene. A sostenerlo è l’International Agency for Research on Cancer (IARC) dell’Oms, in uno studio pubblicato alcuni giorni fa, che ha suscitato un forte dibattito a livello mediatico. Meno a rischio quelle rosse non lavorate, inserire fra le “probabilmente cancerogene”.  La decisione è stata presa, si legge nel documento dell’Oms, dopo aver revisionato 800 studi in letteratura sul tema.

Anzitutto ritengo sia necessario spiegare come vengono classificate le sostanze cancerogene dall’International Agency for Research on Cancer (IARC). La valutazione di questa agenzia si articola in due fasi. La prima è la considerazione del grado di evidenza di cancerogenicità risultante da dati sull’uomo e da dati sugli animali da esperimento. Questi due gruppi vengono prima classificati separatamente e poi si effettua una valutazione globale sui dati combinati con l’inserimento della sostanza in uno specifico  gruppo. Le liste compilate dalla IARC raggruppano le sostanze sulla base del livello di cancerogenità dimostrato in studi scientifici. L’ingresso nella lista richiede che siano disponibili i risultati di studi di laboratorio e, se disponibili, anche di studi epidemiologici sull’uomo. Questi studi vengono eseguiti ad altissimi dosaggi o con durate d’esposizione molto lunghe, difficilmente replicabili nella vita reale. È importante anche sapere che molte sostanze cancerogene sulle quali non esistono studi così precisi non vengono inserite nelle liste IARC. Prima di preoccuparsi, pertanto, è importante sapere non solo in che lista si trova una certa sostanza ma quali sono i dosaggi e le durate d’esposizione oltre le quali il rischio diventa reale e non solo teorico.

La IARC definisce questi gruppi di cancerogenicità:

Gruppo 1       

Cancerogeno accertato per l’uomo: vi è sufficiente evidenza di cancerogenicità nell’uomo in studi

epidemiologici adeguati.

Gruppo 2

Si suddivide in due sotto gruppi:

2A: probabile cancerogeno per l’uomo, sulla base di evidenza limitata nell’uomo ed evidenza

sufficiente negli animali da esperimento.

2B: sospetti cancerogeni per l’uomo, sulla base di evidenza limitata nell’uomo e evidenza non del tutto
sufficiente negli animali da esperimento oppure di evidenza sufficiente negli animali ed evidenza
inadeguata nell’uomo.

Gruppo 3

Non classificati per cancerogenicità sull’uomo (tutto ciò che non rientra nei gruppi precedenti, viene posto in questo gruppo).

Gruppo 4

Probabilmente non cancerogeno per l’uomo sulla base di evidenze che indicano l’assenza di cancerogenicità nell’uomo e negli animali da esperimento e, in alcuni casi, sulla base di evidenze inadeguate o in assenza di dati sull’uomo, ma assenza di cancerogenicità negli animali da esperimento in presenza di un ampio numero di dati sperimentali.

Nel 2009 la rivista American Journal of Clinical Nutrition ha pubblicato alcune conclusioni dello studio EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition). Si tratta della più vasta indagine svolta su una popolazione, per conoscere le relazioni tra dieta e salute che ha coinvolto 520.000 persone provenienti da 10 Paesi europei (Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Olanda, Norvegia, Spagna, Svezia e Regno Unito). Lo scopo dello studio EPIC è quello di investigare i rapporti tra dieta, fattori ambientali e stili di vita, con l’incidenza di tumore e di altre malattie croniche. In particolare un’analisi recente ha mostrato che c’è una relazione diretta tra quantità di carne consumata e tumore del colon.

La prevenzione

Fare una valutazione certa sui dati che emergono da queste indagini epidemiologiche è complesso, dal momento che le persone vengono interrogate su abitudini di vita sviluppate nell’arco di alcuni decenni. Noi non siamo liberi di mangiare ciò che vogliamo e nella quantità che vogliamo. E poiché l’origine del tumore è multifattoriale, non basta intervenire su un singolo elemento per modificare in modo sostanziale il rischio a livello individuale, ma è necessario agire su tutte le abitudini scorrette. Quindi, occorre cambiare lo stile di vita.

Screening e diagnosi precoce

Rappresentano una forma di prevenzione secondaria, perché si rivolgono a quei soggetti in cui il rischio di malattia è presente o si è già trasformato in danno, anche se questo non si è ancora manifestato clinicamente: es. screening del carcinoma del colon. Il termine SCREENING significa selezione ed il suo obiettivo è la diagnosi precoce di una malattia.

Pur trattandosi di una prevenzione imperfetta, poiché un danno, anche se iniziale, si è già realizzato, la diagnosi precoce consente di individuare la malattia in una fase iniziale prima che si diffonda ad altri organi e si manifestino i segni e i sintomi conseguenti.

Gli strumenti di cui disponiamo per svolgere indagini di screening sono:

  1. Ricerca di sangue occulto nelle feci: consiste nella ricerca di tracce di sangue non visibili a occhio nudo in un campione di feci. Va tenuto presente che un risultato negativo non esclude con certezza la presenza di una lesione neoplastica (falso negativo) e, per questo è importante ripetere lo screening periodicamente. Le tecniche di analisi consentono sia una valida capacità diagnostica sia una buona accettazione da parte del paziente, perché i test attuali consentono di raccogliere un unico campione di feci senza imporre restrizioni alimentari per l’effettuazione del test. La ricerca del sangue occulto nelle feci viene consigliata dal Ministero della Salute ogni due anni nelle persone tra i 50 e i 69 anni. Nei casi di test positivo è assolutamente opportuno sottoporsi ad una colonscopia.
  2. Colonscopia: è un’indagine che consente di esaminare le pareti del colon. Per eseguirla si usa uno strumento flessibile, il colonscopio, che porta alla sua estremità una telecamera ed un sistema di illuminazione. Nei casi in cui si riscontri la presenza di polipi è possibile asportarli nel corso della stessa seduta diagnostica. Al Centro Chirurgico San Paolo di Pistoia, nella fattispecie, è possibile eseguire questo esame con l’ausilio di una sedazione cosciente per evitare fastidio al paziente; questo consente di aumentare notevolmente l’accettazione dell’indagine endoscopica con il conseguente risultato della massima accuratezza diagnostica.
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