La Patologia

Di cosa parliamo?

La cisti pilonidale, definita anche cisti sacro-coccigea, si riscontra più frequentemente nella parte più alta del solco tra i glutei.
Il termine “pilonidale” si riferisce ad una sua fondamentale caratteristica che ne spiega la natura benigna: minuscoli elementi, propri di tessuti che dovrebbero trovarsi sulla superficie cutanea del nostro corpo, si sviluppano e crescono, invece, in uno strato un poco più profondo. Questa posizione erronea impedisce a tali elementi (peli, ghiandole sudoripare, a volte frammenti dentari) di comunicare liberamente con l’esterno del nostro corpo, a causa della completa integrità del rivestimento cutaneo soprastante. Da questo deriva, nel tempo, il ristagno di varie sostanze che non possono disperdersi nell’ambiente e lasciano sviluppare i batteri presenti; questo determina la formazione di una vasta area ascessuale che tende ad aprirsi e vuotarsi spontaneamente.
Questo è il modo con cui, spesso, il Paziente si accorge della patologia che richiede una visita chirurgica per eventuale intervento.
In alcuni casi compare un minuscolo forellino che permette una modesta, ma costante fuoriuscita di secrezioni verso l’esterno che comporta una sensazione di umidità della pelle. Talora, il paziente rileva la presenza del forellino stesso. La fuoriuscita di materiale riduce il dolore causato dalla formazione dell’ascesso.
Comunque, in tutti i casi l’unica terapia che assicura la completa guarigione consiste nell’intervento chirurgico.

E allora che si fa?

Come abbiamo già detto in apertura, la cisti sacro-coccigea è sempre una malattia benigna. Va, tuttavia, affrontata e risolta. Infatti, con l’andare avanti del tempo, se non esiste alcun orifizio cutaneo (il forellino sulla pelle di cui abbiamo parlato prima) prima o poi si si forma un ascesso, estremamente doloroso, che dopo essersi vuotato, spontaneamente o per manovra medica, lascia un orifizio secernente che non tende mai a guarire. Nei casi in cui, invece, esista già un orifizio cutaneo, questo continuerà sempre a produrre gocce di liquido sieroso o purulento, maleodorante che indica l’esistenza e la persistenza del tessuto incluso.

Per una guarigione completa e definitiva occorre sempre consultare il Chirurgo.

La maggiore incidenza della malattia si rileva in età giovanile, prevalentemente di sesso maschile, con apparato pilifero ben rappresentato e carnagione scura.

Esistono varie teorie circa l’origine, congenita o acquisita, della malattia; questa esordisce con varie modalità: a volte con il riscontro di un modesto gemizio di liquido sieroso attraverso piccolo foro nella cute, altre volte e più raramente con l’improvvisa comparsa di un ascesso sottocutaneo; se questo viene drenato, dopo la guarigione clinica persiste un forellino.

Quel che conta tuttavia è che, una volta riconosciuta la presenza di questa malattia, venga programmata la sua risoluzione, che non può essere che chirurgica. L’intervento, infatti, consiste nell’asportazione in blocco di una losanga di tessuto circoscrivente che include completamente, anche in profondità, il tessuto patologico. La cavità residua all’asportazione viene chiusa come una normale ferita chirurgica e il Soggetto, del tutto autonomo, può trascorrere qualche giorno di convalescenza presso il proprio domicilio; dopo pochi giorni, rimossi i punti di sutura, può riprendere ogni tipo di attività fisica.

L’intervento

Esistono vari metodi per controllare intraoperatoriamente la completa asportazione del materiale patologico incluso utilizzando mediante specilli e/o coloranti biologici; il presupposto irrinunciabile per la guarigione definitiva consiste proprio in questo scrupoloso controllo: se il sinus viene rimosso completamente esclude l’eventualità di una recidiva. Una volta rimosso il preparato chirurgico e verificata la sua adeguatezza in termini di radicalità, viene eseguito l’esame istologico che fornisce ulteriori dettagli riguardo alla diagnosi. Subito dopo viene realizzata un’accurata emostasi delle superfici cruentate seguita dalla fase ricostruttiva. Lo spazio residuo all’asportazione chirurgica viene chiuso mediante vari piani di sutura, dalla profondità verso la superficie, con fili in materiale riassorbibile, fino al piano cutaneo che viene riparato con sottili fili di nylon per il miglior risultato estetico.

Il dolore postoperatorio viene controllato farmacologicamente; questo consente il ritorno a casa pressoché immediatamente dopo l’intervento. Il giorno successivo si torna alla completa autonomia fisica.
Entro dieci giorni dall’intervento tutti i punti vengono rimossi e dopo altri due giorni viene tolto anche l’ultimo cerotto.

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